TIM Accordo sul PDR un finale già scritto

Nazionale -

Tutto come previsto  in azienda non si contratta più, si ubbidisce di più. L’accordo sottoscritto da CGIL-CISL-UIL-UGL il 13 giugno conferma quanto avevamo anticipato nel nostro comunicato del 6 giugno. Cassandre? No, una semplice deduzione dall’analisi della situazione.

Alla prova dei fatti i lavoratori hanno perso ogni diritto ad una vera contrattazione e vengono miseramente compensati con buoni spesa, pensioni e sanità private, pomposamente chiamati benefit come i lauti premi dei manager che in realtà sono solo una mancia al posto degli aumenti salariali che una volta si ottenevano nei contratti. I buoni spesa sono solo la versione contrattuale dei voucher. Si delinea un business di miliardi che vanno a banche e assicurazioni e che soprattutto non vanno all’INPS e alla sanità pubblica, un’altra picconata allo smantellamento dello stato sociale.

Nella tabella che segue una sintesi dell’accordo raggiunto, di cui abbiamo evidenziato le parti più pericolose, soprattutto per il futuro.

L’accordo è stato siglato dalle sole rappresentanze confederali TIM ma le regole dovranno valere per tutte le aziende del gruppo, in alcune delle quali la rappresentanza delle organizzazioni conflittuali è molto forte, come ad esempio in Sparkle, dove USB è maggioranza.

Mentre l’azienda sbandiera sulla intranet l’accordo siglato, con il sostegno dei media compiacenti che raccontano mezze bugie perché la verità sarebbe difficile da digerire, si terranno nei prossimi giorni le assemblee con le quali la CGIL, raggiunto finalmente l’agognato tavolo delle trattative dopo una breve stagione di finta lotta, tenterà di dare una parvenza di democrazia e partecipazione alla propria firma, chiedendo ai lavoratori (sempre e solo TIM) se sono d’accordo con i contenuti dell’accordo. Farà assemblee in tutto il gruppo? E se i lavoratori diranno no, ritirerà la firma? E perché non ha indetto un referendum certificato, come quello di qualche anno fa per il Caring? Secondo noi perché ha paura del dissenso dei lavoratori, che in questi mesi hanno dimostrato che solo con la lotta si ottengono risultati, non certo “sedendosi ai tavoli”, soprattutto se già apparecchiati.

NON CEDIAMO - VOTIAMO NO!