Il PDR ai tempi della TIM: salario bloccato e aumento in natura
Roma, 06 giugno 2017
Mentre i lavoratori attendono il rinnovo del contratto nazionale di settore, scaduto da tempo, l’azienda prosegue risoluta il suo percorso unilaterale di ribaltamento delle regole: dopo l’introduzione del Regolamento in luogo del contratto aziendale di secondo livello, arriva la proposta “prendere o lasciare” in tema di PdR e l’accordo sul superamento della Banca ore in Open Access. Quest’ultimo addirittura sottoposto alla firma a margine dell’incontro con il Coordinamento RSU del 31 maggio, senza neanche presentarne i contenuti e puntualmente firmato dai sindacati complici CISL, UIL e UGL.
La soluzione che ci propone l’azienda in tema di Premio di Produttività, lascia al lavoratore la scelta tra i servizi di welfare “completamente detassati” ed un PdR in denaro, che prevede una tassazione al 10 %.
Insomma, in buona sostanza, nel caso di scelta del Welfare, con l’abbaglio di pagare meno tasse, ci si propone una soluzione che contribuisce a minare:
• lo stipendio, che in questo caso non incrementa;
• il salario differito , in quanto non verrebbero versate le quote relative alla tredicesima, TFR ed ai contributi pensionistici;
• i servizi collettivi universali e gratuiti del SSN, la Scuola e i servizi pubblici, che in questi ultimi anni hanno subito molteplici tagli a discapito della qualità e fruibilità.
La proposta è una naturale, quanto prevedibile, conseguenza dell’accordo sottoscritto tra CGIL CISL UIL e Confindustria sulla detassazione del salario di produttività il 14 luglio 2016. Tale accordo, che include nella contrattazione aziendale le agevolazioni fiscali in tema di premi di risultato e di welfare aziendale, ha aperto la strada all’ulteriore destrutturazione del mondo del lavoro, legando le retribuzioni, cosi come le condizioni di lavoro, ad una maggiore competitività, produttività ed efficienza, in parole povere introducendo una riedizione del vecchio cottimo.
Dopo la distruzione della previdenza pubblica e del diritto costituzionale alla pensione, grazie anche all’ultima riforma targata FORNERO, adesso tocca al Welfare del sistema universalistico tradizionale, affiancato dal Welfare Aziendale nella fornitura di servizi negli ambiti della sanità integrativa e previdenza complementare. In tempi di crisi e di tagli alla spesa sociale, il Governo, dietro l’imposizione dei diktat europei sul pareggio di bilancio, delega alla Contrattazione collettiva, una parte del suo compito di garantire il servizio sanitario ai propri cittadini, mediante politiche di detassazione sulla produttività, che grazie alla nuova normativa fiscale, consentono la completa detassazione del welfare contrattato a livello aziendale.
L’erogazione di servizi e beni, da parte del datore di lavoro nell’ambito di un piano di welfare non costituiscono reddito in capo al lavoratore e non costituiscono neppure base imponibile per i contributi permettendo quindi, per l’ennesima volta, la riduzione dei costi di produzione.
Da tempo, sono sotto attacco gli stipendi, il sistema pensionistico, lo stato sociale: un modo per ridurre il salario è anche quello di spostare quote salariali tra queste componenti, per occultarne la riduzione totale.
Accettare un accordo del genere contribuisce a far scomparire, in prospettiva il salario differito, mentre naturalmente a ridursi sarà soprattutto il costo del lavoro da parte del padrone!
USB Lavoro Privato – Telecomunicazioni