Privatizzazione La brutta lezione di Telecom
La privatizzazioni disastrosa, come quella della Sip, poi diventata Telecom, e adesso TIM, grida ancora vendetta per la ricchezza bruciata a discapito di tutta la collettività a fronte dei guadagni stratosferici realizzati da pochi fortunati.
Quel trasferimento per due lire (allora c’erano le lire!) nel lontano 1997, oltre al motivo di fare cassa per ridurre il debito pubblico e raggiungere i famosi parametri di Maastricht, trovò un’ampia adesione in gran parte dell’opinione pubblica, con la classica decantata favola che era meglio l’efficienza dei privati che l’inefficienza della gestione statale.
Ma la necessità derivante da quei vincoli Europei di ridurre in misura drastica il debito pubblico, giudicato insostenibile, ha portato i nostri governi dal ’92 in poi a (s)vendere e quotare sui mercati azionari aziende pubbliche statali, anche se efficienti e in attivo come Telecom, i dati dimostrano come a oltre trenta anni di distanza il rapporto deficit/pil sia salito invece di ridursi.
Mentre gli obiettivi dichiarati sono stati tutti mancati, si è invece raggiunta la finanziarizzazione di una grossa fetta della nostra economia, volta quindi a finalità speculative e non investimenti produttivi o alla crescita. Insieme a questo abbiamo assistito ad un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro e un aumento vertiginoso della disoccupazione nel nostro paese.
Comunque la si guardi, il braccio di ferro in corso sulla Governance tra Vivendi e Elliott, dimostra come oggi il futuro di TIM e dei suoi dipendenti, non dipende dalle regole del mercato ma dalle scelte della politica.
E’ più che evidente come il regalo di Telecom abbia fruttato centinaia di miliardi di soli interessi alle banche finanziatrici dei prenditori italiani per poi passare agli speculatori finanziari stranieri, con il risultato che chi ci ha guadagnato tanto sono stati i privati e chi ci perso molto di più è lo Stato e i lavoratori. Ma, come sappiamo bene, il privato tende a massimizzare legittimamente il profitto, senza che a ciò equivalga un miglioramento del servizio. Privato che non ha investito a sufficienza nello sviluppo e nell’ammodernamento della rete, distruggendo un asset strategico per lo sviluppo economico del sistema paese.
Oggi è più che urgente, anche alla luce della delicata situazione all'interno della Governance, che il futuro di TIM e conseguenzialmente la difesa del perimetro occupazionale, debba diventare una priorità del governo che è entrato nella partita anche attraverso Cdp, controllata dal Tesoro e socio di TIM.
Le privatizzazioni sono state fondamentali per esaltare l’economia finanziaria speculatrice a scapito del fattore produttivo lavoro, attraverso di esse infatti sono emerse forze tese al guadagno più immediato possibile e basato principalmente su atti di speculazione, non generando mai processi redistributivi ma anzi di destabilizzazione negli equilibri politico sociali.
Gli esiti di tutto questo processo sono oggi sotto gli occhi di tutti, per questo per noi di USB l’unica strada da intraprendere è quella della
Nazionalizzazione, qui e ora.