TIM FASE 2 Perché si rientra

Alla luce delle pressioni per la riapertura incondizionata nella fase 2, il valore prioritario da tutelare rimane la salute dei lavoratori; parlano i fatti, non le parole sterili e inutili che esprime chi non ha interesse ad affrontare i problemi veri dei lavoratori.

Nazionale -

 

In un momento nel quale non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze sanitarie di una ripartenza, le Segreterie nazionali di CGILCISLUILUGL concertative sottoscrivono i protocolli d’intesa per la fase 2 del Gruppo TIM che vedranno dal 18 maggio al 18 giugno il graduale rientro in ufficio di circa 12.000 lavoratori.

Oltre al metodo, con un protocollo sottoscritto nella ristretta cerchia delle segreterie, senza un vero confronto e una discussione trasparente per la tutela della salute dei lavoratori, siamo contrari nel merito, perché riteniamo che, dato il livello di rischio ancora alto, le misure adottate nel protocollo non siano sufficienti per la protezione dal virus e non tengano conto, ad esempio, dei rischi incrementali per la salute negli spostamenti casa-lavoro-casa.

L’esperienza ci ha insegnato che non possiamo fidarci, il rischio è palese. I lavoratori rischiano di trovarsi esposti al brutale ricatto tra salute e lavoro, nonostante in diversi passaggi il DPCM del 26 aprile ribadisca le previsioni dell’articolo 87 del DL 18 del 2020 secondo il quale il lavoro agile è la modalità ordinaria della prestazione lavorativa in questa fase emergenziale.

Lo smart working in questa fase permetterebbe ad esempio di risparmiare ai lavoratori lo stress e il rischio di contagio nell’uso dei mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro. Le disposizioni stringenti emesse dalle Regioni/Comuni sul trasporto locale, in particolare dal 18 maggio in poi, renderanno difficile garantire un’adeguata frequenza delle corse, in considerazione delle limitazioni dei posti sui mezzi. Aumenterà inoltre il livello di stress per l’obbligo dell’uso di mascherina e guanti, in molti casi introvabili o acquistabili a prezzi non del tutto calmierati, per poter salire sui mezzi.

Provando a riportare tutti ad un minimo di senso della realtà, in occasione dell’incontro sindacale del 7 maggio 2020 abbiamo illustrato all’azienda questo scenario anche fin troppo edulcorato.

Pur stanchi di questi “arresti domiciliari”, abbiamo chiesto per l’ennesima volta che necessità ci sia di affrettare un rientro senza alcuna garanzia di sicurezza e che peserà immancabilmente solo sulle spalle dei lavoratori. Abbiamo ribadito inoltre che non è affatto funzionale all’attività lavorativa, in confronto al lavoro svolto in Lavoro Agile, visti i limiti alla mobilità interna alle sedi aziendali previsti dal protocollo.

Ironicamente, alla luce di quanto sopra esposto, comprendiamo la scelta dell’azienda di mettere a disposizione un supporto psicologico.

Dal canto nostro, faremo attività di monitoraggio durante i primi giorni di apertura e ci riserviamo di produrre esposti agli organi competenti, come peraltro già fatto ad inizio pandemia, per salvaguardare il più possibile la salute dei lavoratori.

Abbiamo parallelamente lanciato la petizione contro il piano di rientro per la cosiddetta fase 2 e per la prosecuzione dell’attività lavorativa in smart working, al link

https://www.change.org/TIM-SMARTWORKINGvsCOVID-19

Non possiamo tollerare la fretta del ritorno alla “normalità a tutti i costi” che trasformi i luoghi di lavoro e i mezzi di trasporto in trappole per lavoratori e cittadini di fronte al contagio.

Chiediamo quindi di lavorare da casa fino a quando la situazione non tornerà alla completa normalità sulla base delle direttive del Governo.