TIM: rinnovo del CCNL a costo zero
Roma, 4 ottobre 2018
A fine settembre sono riprese le trattative presso ASSTEL per il rinnovo del CCNL delle TLC, alla luce dei risultati negativi per i lavoratori ottenuti con la sottoscrizione del 23 novembre 2017 sull’accordo ponte a copertura del periodo 01.01.2015 - 30.06.2018, con incrementi salariali irrisori, assorbiti per molti, e un ridicolo bonus di circa 120 € in welfare aziendale. Quello che si prospetta è un ulteriore peggioramento se si pensa di legare la contrattazione collettiva ai “risultati aziendali” e alla “crescita della produttività”.
A pesare negativamente sui salari nei prossimi rinnovi contrattuali sarà la nuova stangata decisa “dalle autorità” sulle tariffe per l’elettricità e il gas. Dopo gli aumenti già scattati a luglio, dal primo ottobre, secondo quanto ha stabilito l’Arera (Autorità per l’energia), la luce costerà il 7,6% in più (pari a 32 euro in più nell’anno), mentre il metano salirà del 6,1% (+61 euro). A luglio erano scattati gli aumenti del 6,5% per la luce e dell’8,2% per il gas. Facendo la somma stiamo parlando del 14,1% di aumento sull’elettricità e del 14,3% sul gas.
Quello che balza agli occhi è che nessuna retribuzione è aumentata o in futuro verrà aumentata in proporzione agli aumenti su questi servizi di prima necessità. Tutti i meccanismi di adeguamento dei salari al carovita sono stati aboliti “perché facevano aumentare l’inflazione”.
Cgil Cisl Uil hanno consapevolmente consentito questa situazione, sottoscrivendo Accordi e rinnovi contrattuali in cui legare gli aumenti salariali all’indice IPCA, indice elaborato e assunto a livello europeo come indicatore per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo, ai fini dell'accesso e della permanenza nell'Unione monetaria, ma che in realtà ha lo scopo dichiarato di tenere bassi i salari.
L'IPCA è infatti “l'Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato” per rendere confrontabili i parametri dei diversi paesi europei e comunicato per l’Italia dall’Istat. Tale meccanismo, ben al di sotto dell’inflazione reale, cancella ogni carattere redistributivo del contratto nazionale e consegna i salari a un indicatore economico costruito ad hoc per ridurli.
Quindi salari fermi e aumento delle tariffe. Nei decenni trascorsi questo avrebbe provocato immediatamente scioperi, blocchi stradali, reazioni sociali furibonde. Ma oggi?
Ce n’è abbastanza per cominciare ad alzare la testa, alzare la voce, rovesciare il tavolo, riprendendoci in mano il nostro futuro, contro chi a svenduto i diritti e la dignità dei lavoratori a vantaggio di prenditori che incassano senza dover muovere un dito e con un rischio di impresa pari a zero.
A cominciare dalla manifestazione nazionale del prossimo 20 ottobre per le nazionalizzazioni proprio dei servizi e delle reti strategiche.
Manifestazione nazionale a Roma Sabato 20 Ottobre
Piazza della Repubblica, h.14