TIM dalla Fase 1 alla Fase 2 SMART WORKING E DIRITTI
Il 18 maggio abbiamo appreso che il piano di rientro in azienda è stato “congelato”, una decisione che conferma la nostra denuncia e la raccolta di firme in cui chiedevamo di mantenere ed estendere lo smart working per garantire la salute dei lavoratori finché permane l’emergenza sanitaria.
Secondo i dati forniti dall’Inail le persone contagiate da Covid19 sul lavoro tra la fine di febbraio e il 4 maggio sono oltre 37.000, precisando poi che: “sarà comunque necessario attendere il consolidamento dei dati”.
Il ritornello “andrà tutto bene”, stona con la realtà, fatta di molte persone rimaste senza reddito e di un numero considerevole di contagiati che mantiene alto il rischio per una ripresa del virus. In questa forbice si inseriscono le linee guida sulla sicurezza, tese più a far ripartire le aziende piuttosto che a tutelare i lavoratori.
Si riparte nella speranza che “Dio ci aiuti”, con mascherine delle tipologie più disparate, non sempre reperibili e tutta via ben oltre i 0.50 cent promessi.
In questa situazione il consiglio “lavatevi spesso le mani” sembra un calzante invito per la classe politica. Gli industriali a partire dal Presidente di Confindustria hanno esercitato una pressione fortissima a riaprire tutte le aziende e per accaparrarsi il grosso degli aiuti pubblici generati dalle tasse dei lavoratori messi in regola.
Con il Decreto Rilancio, il ritornello è sempre quello: i soldi devono andare alle aziende perché poi, senza vincoli e controlli dello Stato, staremo meglio tutti. Sappiamo che non è così: a pagare sono sempre e soltanto i lavoratori.
In questo quadro la riapertura anche se parziale proposta dal vertice aziendale TIM, non ha nessuna motivazione di carattere industriale, ricordiamo inoltre che i protocolli di sicurezza, possono garantire parzialmente quando la presenza dei lavoratori nelle sedi torna ad essere alta. A questo si aggiunge l’aspetto trascurato nei protocolli, che è il tragitto casa/lavoro/casa, per il rischio “assembramenti” alle fermate e all’interno dei mezzi pubblici e aziendali.
Ricordiamo che lo smartworking costituisce una modalità di lavoro straordinaria, legata alla particolare situazione emergenziale, nel farlo vogliamo denunciarne alcuni aspetti negativi quali:
- l’overworking, cioè l’estensione delle ore effettivamente lavorate, come diretta conseguenza della disponibilità garantita dalla connessione via internet e telefono
- il mancato pagamento degli straordinari e dei buoni pasto
- l’assenza del diritto alla sconnessione e lo sconfinamento della sede di lavoro dentro le mura domestiche
- l’impatto disastroso sul salario dei lavoratori dei servizi manutenzione, mensa, pulimento e logistica
A tutela dei lavoratori chiediamo di proseguire l’attività lavorativa in Smart Working, come riaffermato nello stesso DPCM firmato il 17 maggio: “si raccomanda che sia attuato il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”.
Mercoledì 20 maggio nell’anniversario dello statuto dei lavoratori porteremo nelle piazze italiane le ragioni di chi produce la ricchezza sociale, perché l’emergenza sanitaria non sia l’occasione per gli industriali e speculatori di mettere le mani sui soldi pubblici e di attaccare i diritti e il salario dei lavoratori.
20 maggio ore 11 piazza Montecitorio
Ore 17 Tavola rotonda in diretta streaming sulla pagina FB USB nazionale