TI Sparkle “Il popolo ha fame? Dategli le brioche!”
La solidarietà ai tempi di Maria Antonietta
Ieri pomeriggio 1° settembre ’22 abbiamo avuto l’incontro “gentilmente” concesso dalla nostra AD.
Doveva essere un incontro che ci dava conto del perché il Contratto di Espansione è stato applicato anche a noi di Sparkle ed invece si è risolto con un “è così e basta!”.
Un incontro blindato sia nella prefazione lunga dell’AD e della responsabile di HR, che così facendo non hanno lasciato spazio alla voce dei lavoratori, che nella modalità in cui si dovevano porre le domande. Le domande fatte in chat erano visibili solo a chi le poneva, non si aveva quindi la possibilità di vedere la totalità dei dubbi e delle richieste di tutti i lavoratori.
I lavoratori avevano dubbi sulle sorti dell’azienda in primis, sulla irrazionalità delle differenti percentuali di riduzione dell’orario di lavoro (ricordiamo che: 25% a lavoratori che, nei processi aziendali, collaborano a stretto contatto con lavoratori al 10%, al 15% o addirittura esenti da solidarietà, dando evidenza plastica della discriminazione attuata tra i lavoratori, mettendoli l’uno contro l’altro e a palese danno dell’attività lavorativa).
Però stranamente le domande che le nostre Amministratrici hanno tirato fuori dal “cappello” sono state tutte sull’aspetto economico, che non è certo un aspetto da sottovalutare, però mette tutto sotto un occhio basso e greve della questione.
Inoltre, ci è stato detto più volte che siamo obsoleti (però per fare i corsi di formazione magicamente diventiamo abili e smart), che questo contratto serve a fare un ricambio generazionale (carne fresca da spremere).
Ci è stato detto che sprechiamo tempo in lavoro inutile, e quindi questa sarà un’occasione per ottimizzare e modernizzare i processi lavorativi. Non sapevamo di stare ancora al pallottoliere.
Abbiamo appreso comunque che questo tipo di contratto è nuovo ed innovativo, e quindi saremo i primi a sperimentarlo, ma ai noi questo ci riporta alla mente un’altra sperimentazione avvenuta sulla nostra pelle: la privatizzazione delle Telecomunicazioni, la madre di tutte le privatizzazioni!
Non ci dimentichiamo che l’applicazione della solidarietà in TIM negli ultimi anni, non ha portato nessun vantaggio competitivo né miglioramento dei conti e dell’efficienza aziendale.
Quindi su quali basi logiche ci si aspetta che lo stesso meccanismo, applicato a un contesto diverso, possa portare risultati migliori?
USB ha ribadito più volte in tutte le sedi la contrarietà a questa solidarietà e lo scellerato progetto di divisione aziendale, inutile e dannoso ai fini del rilancio, al pari di quanto accaduto con Alitalia (ora ITA), dove in vent’anni si sono rimpinguate le casse della società con soldi pubblici.
Per noi di USB la nazionalizzazione è ed è sempre stato il solo atto politico che permetterebbe la salvaguardia degli interessi economici e sociali dei lavoratori e per le casse dello Stato.