TIM POST COVID 19 RISORGIMENTO DIGITALE PER CHI
Poche cose risultano chiare nel “Piano Colao” e nell’adunata degli “Stati generali dell'Economia” convocata dal premier Conte, con l’illusione di aprire un confronto democratico sulle cose da fare per uscire dalla crisi.
Tralasciando le solite dichiarazioni a beneficio dei media mainstream, utili per buttare fumo negli occhi, quello che è apparso evidente è come distribuire dall’alto la torta dei 173 miliardi promessi all’Italia per provare a uscire dalla crisi scatenata dal Covid-19 a scapito dei lavoratori e dei cittadini.
Abbiamo verificato la grande partecipazione alla spartizione del tesoretto da parte dei principali convenuti, Confindustria, imprese nazionali e internazionali, banche e sindacati concertativi, con l’unico obiettivo di rilanciare gli interessi delle imprese e spolpare l’osso, tutto questo pur di mantenere inalterato il sistema economico che ha portato il nostro Paese ad affrontare la pandemia Covid-19 senza alcuna pianificazione, senza strumenti economici e politici adeguati alla gravità della situazione.
Come appare evidente dalle proposte di “Colao & co”, molti sono stati i ricatti da parte delle principali imprese e multinazionali, senza proposte di progetti di lungo respiro; poco o nulla è stato discusso su come la crisi pandemica poteva essere utilizzata per una vera distribuzione sociale delle risorse in campo per dare serie certezze sul futuro di malati, disoccupati, precari e mondo del lavoro.
Nella babele delle richieste proposte emerge con forza anche la ghiotta “occasione” che in molti non vogliono farsi scappare della “digitalizzazione” del sistema Paese, proposto nel piano Colao per il rilancio dell’Italia (2020 e il 2022), che si configura all’interno di quello presentato dalla Commissione EU per il periodo 2021-2027 di 750 Miliardi, denominato "Next Generation".
Un fiume di miliardi, dopo oltre 20 anni di disinvestimenti, nel digitale (connettività, 5G e intelligenza artificiale), in gran parte composto da sussidi a fondo perduto e per una parte da prestiti, per accelerare la ripresa economica e il miglioramento dei servizi essenziali alle imprese e ai cittadini.
Come USB Telecomunicazioni sosteniamo da tempo, e l’abbiamo ribadito nell’incontro del 15 giugno ’20 agli Stati Generali, la gestione pubblica delle Telecomunicazioni nella futura svolta digitale (Industria 4.0), così da garantire efficacemente lo sviluppo industriale del Paese a tutela principalmente del lavoro e dei lavoratori.
Per far questo ovviamente è necessario sciogliere definitivamente il nodo politico della concretizzazione di una rete unica a controllo pubblico, efficiente in termini di capacità e di qualità, così da garantire l’accesso a tutti, considerato che è impossibile anche solo immaginare che le risorse sul tavolo siano utilizzate per sostenere un sistema delle imprese che ha dato pessima prova di sé.
E’ innanzitutto necessario istituire una nuova IRI e quindi affrontare la crisi con la nazionalizzazione delle imprese strategiche, con l'intervento pubblico e la ricostruzione di una politica industriale dettata dagli interessi del Paese, la riforma degli ammortizzatori sociali estendendone a tutti la possibilità di utilizzo, impedire colpi di mano nei contratti nazionali, favoriti dall’Accordo sulla rappresentanza sindacale e del Patto per la fabbrica che restringe gli spazi democratici sindacali, ed infine impedire l’utilizzo delle nuove forme di lavoro come lo smart working ad esempio solo in funzione della valutazione della produttività in base agli obiettivi raggiunti.